Enri dei TGS ci manda questa column....noi la pubblichiamo perchè il 2.0 è praticamente automatico. Buona lettura soldatini....
Premetto che non avevo mai sentito parlare di Colapesce in vita mia prima di tutto il polverone alzato dalla loro testimonianza. Nè voglio dare alcun giudizio musicale a riguardo, anche perchè ho continuato ad ignorarne le produzioni. Ciò che raccontano è effettivamente molto grave (anche se non nuovo) e apprezzo che molta gente sia uscita allo scoperto, soprattutto quel coglione dell'organizzatore che casualmente due giorni dopo la sbugiardata ha deciso, tramite un comunicato fastidioso quanto il video di pecorèlla, il coro dei bambini e Riccardo Rossi messi insieme, di ritirarsi dall'attività di organizzatore di concerti "perchè evidentemente non ne sono in grado". Ma quello che ancora di più mi ha fatto venir voglia di strapparmi i coglioni coi denti è stato quello che si è scatenato dopo tra gli utenti di facebook, social network che da tempo definisco "una finestra per tutti, soprattutto per chi non ha un cazzo da dire". Perchè se c'è chi si è sentito in dovere di condividere la testimonianza, giustamente colpito,magari anche perchè musicista, dalla gravità/particolarità della cosa, c'è anche chi ne ha approfittato per cavalcare il vecchio adagio "eh questo succede solo in Italia, se vai negli altri Paesi vedi...".
Chi mi conosce sa perfettamente che sono tutto meno che nazionalista. Ma odio il qualunquismo, e vorrei che ogni tanto la gente che si riempie la bocca di frasi del genere si fermasse a pensare quanto davvero la situazione possa essere diversa negli altri paesi. L'invito del sito dove ho letto il tutto di "segnalare le situazioni spiacevoli in cui vi siete trovati come musicisti" mi è sembrata solo una gran cazzata.
Ho formato la mia prima band esattamente dieci anni fa; parlando di esperienza live posso dire di aver iniziato a suonare spesso e allontanandomi da casa circa cinque anni fa, facendo le prime trasferte e i primi tour all'estero, suonando ovunque e comunque. In termini temporali mi rendo conto che cinque anni non sono un cazzo, ma credo di aver comunque qualcosa da dire a riguardo, in qualità sia di musicista sia di promoter.
Questo è ciò di cui ho bisogno ed è ciò che amo fare, ma mi è anche servito per imparare che uscire dall'Italia è sì un'esperienza indispensabile per una band, ma comunque non evita situazioni spiacevoli simili se non peggiori a quelle in cui ci si può trovare qua da noi: chi ha suonato all'estero sa di cosa parlo.
Cominciamo a sfatare un grande mito del punk rock: l'Inghilterra.
Nella cara vecchia Inghilterra, nel 2008, l'unica birra che ci è stata offerta come musicisti arrivò dal promoter la prima sera a Manchester. Dopodichè mai vista una birra o una cena gratis (tranne ad un basement party, ma quello non vale); ci sparammo sei giorni di fila da Pizza Hut, la sera. Le band venivano pagate con gli ingressi, e questo è giusto; teniamo però conto che dagli ingressi (cosa che qua in Italia non succede), va detratto un tot che torna all'organizzatore per l'affitto della sala per i concerti. L'affluenza può essere anche buona, ma comunque dalla cassa alla fine andranno tolte 50-60 sterline e bisognerà sperare che le altre band siano così gentili da lasciarti il resto perchè vieni da fuori.
Oppure può anche capitare che tolte le 50-60 sterline, non rimanga più un cazzo, ma comunque lo saprai solo a fine serata. In generale ai gestori dei locali frega molto poco delle band che suonano. Capitolo accomodation: a Leicester abbiamo dormito in due occasioni dal gentilissimo batterista di una band locale che però incurante delle nostre richieste di poter dormire un numero di ore decente ha sempre tirato mattina fumando l'impossibile nella stanza dove avremmo dormito, col cane che girava leccando le bottiglie da cui tutti bevevamo. A Derby, il bagno della casa dove stavamo era letteralmente allagato di vomito.
Ma comunque, come Gluesniffers abbiamo fatto un tour in Inghilterra e uno in Scozia un anno dopo e sono state delle esperienze bellissime.
In Germania abbiamo suonato a Chemnitz, al Subway to Peter, e lì le band in settimana vengono pagate con un sistema ingegnoso: un cappello in bella vista al bancone, ingresso gratuito e chi vuole ci mette l'offerta per la band. Come volete che vada a finire?
Il giorno dopo ci troviamo in uno squat vicino a Stoccarda, i ragazzi sono gentilissimi e disponibilissimi ma simulano un furto per non pagarci la miseria che ci spetterebbe, giustificando il tutto con testuali parole "who cares about the money?".
In Olanda, ad Eindhoven, il promoter di turno ci fece suonare in un locale stupendo, con camerino, frigorifero e bagno privato e catering. Peccato che omise un piccolo particolare ad inizio serata, ovvero che non avrebbe fatto pagare l'ingresso, a dispetto di quanto dichiarato in sede di organizzazione. Invece dei 150 euro promessi ne prendemmo 33 (in due band!) e in più 'sto stronzo voleva pure farci fare avanti e indietro dal locale col furgone per riportare tutte le band a casa sua (a 25 km di distanza dal locale), dove avremmo dormito. Lo mandammo a cagare, e se lo meritava.
In Francia è stata sempre dura trovare qualcuno che parlasse inglese o a cui più specificamente fregasse qualcosa del concerto, eccezion fatta per Parigi dove comunque arrivammo alle 20.30 e scoprimmo che il concerto avrebbe dovuto terminare alle 22.15. In più verso l'1 di notte, mentre speravamo di andare a dormire, noi e i clienti venimmo chiusi dentro e il proprietario invitò alcuni amici per un droga party nello stanzino dove c'erano tutti i nostri strumenti.
Il Belgio ci ha sempre portato molta fortuna, tranne che per l'accomodation. Nel 2008 decidemmo di cercare fortuna a Rotterdam da un'amica dopo aver scoperto che avremmo dormito in tenda nel giardino dell'organizzatore (era agosto, ma c'erano 16 gradi).
L'ultima è di pochi giorni fa, quando, dietro la promessa di un centro di aggregazione giovanile a più piani di cui con riservato alle band con letti per tutti ci siamo ritrovati a dormire in una stanza che sembrava un incubo di Chuck Palaniuk, su dei coprisdraio e divani sudici insieme ad altri volti ignoti. Alcuni di noi hanno preferito dormire in auto.
E' ovvio che i casi di "mala-organizzazione" non si fermano fuori dai confini italiani. Ci siamo trovati, qua, a suonare di spalla a band molto note dove gli organizzatori offrivano la cena ad intere tavolate di loro amici e fan e poi facevano pagare la pizza ai due poveracci di turno che giravano con noi per tenerci il banchetto. Gente che faceva da tramite per date a cui non si presentava, lasciando tutti i presenti nella merda più completa. Posti in cui per magia i posti per dormire sparivano a metà serata. E via dicendo. Giusto per non farvi pensare che la mia volesse essere una strenua difesa del Belpaese.
Ovunque può essere un gran posto dove suonare se finisci nelle mani giuste (ed è capitato più volte in Italia e all'estero), così come ovunque può essere una merda quando finisci nelle mani sbagliate. La regola principale da tenere a mente è: al mondo esistono anche le teste di cazzo. E se possono essere ingegneri edili, agenti di commercio, transessuali o veterani di guerra, possono anche essere promoter o organizzatori di concerti. Fare crociate non serve, Londra, Rotterdam, Berlino, Madrid possono essere una merda peggio di Caleppio di Settala se sei nelle mani di una testa di cazzo.
Onde per cui ci sono un milione di cose per cui si può giustamente parlare male dell'Italia e bene di altri Paesi: vi prego, almeno evitiamo questa crociata del qualunquismo. Tanto più che alcuni di quelli a cui ho visto condividere la pappardella su Colapesce saranno usciti dall'Italia due volte ed è sempre stato per fare benzina in Svizzera.