mercoledì 26 giugno 2013

Live Report: Paul McCartney @ Arena di Verona


Essere figlio di un Beatlemaniaco porta una serie di vantaggi. L'ascolto dei Fab Four sin dall'infanzia ha sicuramente contribuito a indirizzare i miei gusti e interessi musicali nella giusta direzione, e quando Sir Paul McCartney annuncia l'unica data italiana del suo tour "Out There", all'Arena di Verona, mio padre decide di portarmi con lui perché "un Beatle va visto almeno una volta nella vita". 

Arriviamo con un certo anticipo e la piazza intorno all'arena è già invasa di fan di ogni età. Il cielo è pieno di nuvoloni neri e dopo poco scatta il diluvio, ma fortunatamente quando entriamo la pioggia è finita, anche se rimangono ancora nuvole e soffia un forte vento freddo.

Il palco è piuttosto voluminoso come struttura e occupa quasi un terzo dell'arena, ma è piuttosto sobrio in quanto a dotazione, sostanzialmente ridotta alla strumentazione e alle voluminose riserve di chitarre e bassi nelle rastrelliere laterali. Il Macca si concede giusto una piccola piattaforma antistante il palco principale, uno schermo dietro al palco, su cui verranno proiettati video e immagini, e, per la gioia del pubblico, due maxischermi ai lati su cui invece andranno le riprese del live.
Per fortuna noi abbiamo i posti sulle gradinate numerate, perché i promoter hanno ovviamente venduto troppi biglietti per i posti liberi e la gente finisce per doversi sedere quasi dietro al palco, visto che anche nel parterre ci sono delle sedie numerate, che costavano tra l'altro cifre proibitive.
Verso le 9 sugli schermi parte un filmato con un collage continuo di fotografie e immagini della vita di Paul, accompagnato per qualche inspiegabile ragione da una serie di brutte cover di canzoni dei Beatles.

Dopo mezz'ora finalmente tutti sono seduti, si spengono le luci e la band fa il suo ingresso sul palco.
La prima bella sorpresa è che McCartney ha optato per una formazione essenziale, molto in spirito rock n'roll: batterista, chitarrista solista e chitarrista ritmico/bassista (a seconda di cosa suoni lui) e tastierista/ strumentista.
L'ex Beatle è in ottima forma e vestito un po' da Teddy Boy, con stivaletti, pantaloni stretti, camicia bianca e una drape coat nera, e impugna il suo mitico Hofner.
Attacco fulminante con Eight Days A Week, una dei Wings e All My Loving. Nonostante gli anni, la voce è ottima e canta quasi tutti i pezzi nelle tonalità originali. La band, composta da super turnisti, non sbaglia un colpo e suona da paura, in particolare il batterista, un gigantesco messicano pelato.
Paul si leva la giacca e passa alla chitarra e si manterrà sulle sei corde, intervallata all'occorrenza dal piano, per buona parte dello show, cambiandone una quasi a ogni canzone, tra elettriche, acustiche semplici, dodici corde e così via.
Si prosegue con una bella selezione che mischia una prevalenza di Beatles con qualche pezzo solista e dei Wings. Tra quelli che mi fa più piacere sentire posso menzionare We Can Work It Out e Paperback Writer, Paul sorprende per il suo senso dell'umorismo e la sua naturalezza: si diverte, interagisce col pubblico e dà l'1-2-3-4 prima di ogni pezzo, come fosse ancora nei Quarrymen.
A un certo punto la band scompare e lui sale da solo, con l'acustica, sulla piccola pedana davanti al main stage, che si solleva mentre lui intona Blackbird e poi Here Today, dedicata come sempre a John.
Si riprende con gli altri e il set continua fino a raggiungere le 30 canzoni, fra cui spiccano Eleanor Rigby, Something, dedicata  a George, una trascinante Obladi Oblada che fa cantare l'intera arena e una delle mie preferite in assoluto, Back In The USSR
 Live And Let Die è particolarmente spettacolare, accompagnata da fiammate, esplosioni e fuochi d'artificio.

La band saluta tutti sotto un torrente di applausi e rientra dopo poco, Paul di nuovo al basso, attaccando ancora bella energica con Day Tripper, Hi Hi Hi dei Wings e Get Back. Nuova uscita e nuovo rientro, con Paul che sventola il tricolore e il batterista con l'Union Jack. E' il turno di Yesterday, che in effetti non poteva mancare, e poi una vera goduria quando al grido di "Do you wanna rock?" attacca con Helter Skelter.
Le due ore e mezza di concerto si concludono con un grande medley di Golden Slumbers, Carry That Weight e The End, con altri fuochi d'artificio e una pioggia di coriandoli.


Lascio le teorie sulla vera identità di Paul al soldato SNAFU, che ne è ormai uno dei massimi esperti mondiali, ieri sera Paul Was Alive And Kicking!

1 commento:

Il soldato SNAFU odia i Troll quindi, se devi trollare, fallo con stile e non farti scoprire!