Partito in missione alla volta di Roma con un passaggio di sola andata, scopro che pochi giorni dopo il mio arrivo i Giuda, eroi glam rock capitolini, apriranno per i Thee Oh Sees, band di San Francisco a me sconosciuta.
Il concerto fa parte del San Lorenzo Estate, una specie di mini festa dell'Unità a piazzale del Verano, quartiere San Lorenzo ( per i lettori milanesi, è un po' l'equivalente della zona Colonne - Ticinese).
Arrivo alle 10 come indicato sull'evento e incontro il mio contatto tra le truppe locali che mi avvisa che i Giuda hanno iniziato, hanno rotto subito una corda del basso e sono scesi a cambiarla.
C'è già una nutrita schiera di fan sotto il palco ad attenderli e dopo dieci minuti la band rientra: hanno adottato dei gilé di jeans come divisa e sembrano in ottima forma.
Attaccano con due pezzi nuovi ( o forse sono dei Taxi?) molto gradevoli; i suoni sono ottimi, il volume un filo basso. La band suona decisamente bene e il cantante dimostra ancora una volta di essere un frontman capace: si muove sicuro sul palco e sprizza energia.
Si passa subito al repertorio di "Racey Roller" e la band snocciola rapidamente Back Home, Coming Back To You e Tartan Pants. In prima fila si balla, si canta e ci si dimena. Per Number Ten viene lanciata sul palco una sciarpa della Roma, che il cantante si mette al collo per poi annodarla sul microfono durante la title-track. Il concerto prosegue con Get It Over, Roll On e un paio di altri pezzi a me ignoti.
I Giuda si riconfermano una band di alto livello e una realtà più unica che rara nel panorama italiano.
Cambi palco e tocca ai Thee Oh Sees e già a vedersi si presentano come un gruppo piuttosto particolare: il chitarrista e cantante usa una Gibson di plexiglas trasparente ed è uno spilungone tatuato che indossa vestiti da bambino di sei anni, il bassista usa una chitarra portata altissima come basso e sembra uno skinhead tradizionalista inglese, mentre il batterista invece potrebbe essere un paziente di un istituto psichiatrico. Solo la tastierista sembra normale.
Sputano fuori un'ora abbondante di garage psichedelico a cavallo tra anni '60 e '80 e il pubblico balla tutto sui ritmi ipnotici, sospetto aiutato da varie sostanze. Ma in fondo quel che conta è il risultato.
Per quanto la voce in falsetto del chitarrista, doppiata da quella della tastierista, dopo un paio di canzoni cominci a stuccarmi la musica mi fa un'ottima impressione. Su disco magari la troverei dispersiva, ma dal vivo rende parecchio e la band non risparmia certo energie.
Finito anche il loro show compro al volo una maglietta dei Giuda e me ne torno a casa più che soddisfatto. La mattina dopo, esauriti ormai i motivi per rimanere nella capitale, rubo un Apache nemico e rientro in caserma.
Bomba! a breve anche il report sulla data di Milano!
RispondiElimina