giovedì 2 aprile 2015

Santa Cruz - s/t

Spinefarm Records - 2015

Due anni fa "Screaming For Adrenaline" l'album di debutto dei Santa Cruz,  ha proiettato i quattro giovani e bellocci finlandesi in cima alla scena sleaze glam internazionale e a giudizio unanime li ha eletti la next big thing del genere. Le aspettative per il secondo lavoro non potevano che essere molto alte: una pietra miliare, che avrebbe consacrato il potenziale del predecessore rendendolo solido e maturo.
I primi singoli anticipati nei mesi scorsi dal self-titled uscito il 10 marzo hanno spiazzato a dir poco gli ascoltatori, lasciando probabilmente qualcuno a chiedersi se davvero si trattasse della stessa band. Lo sleaze delle origini, che pur avendo una freschezza moderna era sostanzialmente filologicamente fedele, suonava stravolto, con influenze pop e metal ugualmente ipercaricate.
L'album ha confermato pienamente il nuovo orientamento. Il sound è difficilmente decifrabile e incorpora nell'originario tronco glam innesti di melodie e cori saturi di armonia che sembrano usciti dal pop punk di inizio millennio, riff mutuati dal thrash metal e più indefiniti elementi alternative rock. L'impressione è quella di un ibrido che guarda ugualmente tanto alla lezione degli Hardcore Superstar - che emerge al meglio in Velvet Rope -  quanto a quella dei Sum 41 - ad esempio nell'inizio  di 6(66) Feet Under- finendo però per somigliare di più agli episodi meno riusciti di queste band. Allontanandosi troppo dalle proprie radici i Santa Cruz non sono riusciti ad amalgamare i diversi elementi, che finiscono per stridere l'uno accanto all'altro. Ma se il giudizio sul cambiamento è necessariamente condizionato dal gusto personale, il difetto principale che imputo a quest'album è più obiettivo: la necessità spasmodica di "farlo strano" è andata a detrimento della composizione, col paradossale risultato che le canzoni del primo album avevano maggiore personalità nonostante un sound molto più classico.
Il giudizio rimane però difficile perché l'album presenta comunque degli importanti punti di forza: la performance tecnica della band quanto la produzione sono di alto livello e le canzoni sono realizzate con la coscienza di quanto si sta facendo, aldilà che lo si condivida o meno - Remedy ad esempio non è sicuramente un pezzo buttato lì per caso.   I singoloni Wasted & Wounded e We Are The One To Fall fanno il loro lavoro e si attaccano rapidamente in testa e alla fine in generale buona parte dell'album si ascolta meno malvolentieri del previsto . Non da ultimo, posso apprezzare la volontà alla base di  voler rivitalizzare e fare evolvere questo genere con altre influenze, che in fondo è sempre stato il processo alla base del rock. Rimane però innegabile che la band ha fatto il passo più lungo della gamba e abbia raffreddato molto entusiasmo nei propri confronti. Sarà solo il tempo e sopratutto il terzo album a dire se si è trattata di una sbandata su una strada  comunque corretta o il passo falso che li farà cadere nella propria tomba artistica.
Se per caso volete farvi un'idea dal vivo, la band suonerà stasera al Live Club di Trezzo in apertura al supergruppo power metal svedese Amaranthe.

Aldilà di tutto, rimane un conclusione positiva di carattere generale: a dieci anni dalla sua rinascita, il glam dimostra ancora di avere l'energia e il dinamismo per dare vitalità al proprio potenziale e prosperare per un altro decennio.


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