Vale la pena di prendere un giorno di ferie e spararsi 300km di autostada infame (a.k.a. la Cisa) per vedere 4 scappati di casa americani? A scatola chiusa non saprei... ma dopo aver fatto tutto questo e anche di più non vorrei mai tornare indietro. I Beach Slang si portano dietro un ettolitro di presabbenaggine a testa e sono dei siluri con un gran tiro. Ma andiamo con ordine.
Bologna - Freakout. 18 euro di ingresso (8 per una tessera che non potrò riutilizzare da nessuna parte). La cosa peggiore è che sembra di essere in uno squat marcio dove la gente puzza di default. Si parte male ma non ci facciamo intimorire. Sul palco ci sono già i Lags, band romana che potrebbe spaccare ma perde parecchio a causa della monotonia che li caratterizza. Poi tocca a Petal: un inno femminile e acustico alla noia. Finalmente tocca ai 4 di Filadelfia e il pubblico esplode di gioia. Non sembra nemmeno di sentire la stessa band a cui siamo abituati su disco. Suonano qualsiasi pezzo il pubblico gli chieda - incluse perle come We are nothing - intrattengono il pubblico con gag esilaranti e alla fine James Alex scende dal palco per abbracciare i pazzi in prima fila. Insomma sembrerebbe un set già di per sé perfetto ma il pubblico non vuole mollare la presa e i quattro non si fanno pregare sparando cover su cover di Jawbreaker e Replacement. Semplicemente bellissimo.
Livorno - Surfer Joe. Non paghi di questo meraviglioso delirio saltiamo sul blindato e schiacciamo l'acceleratore fino a Livorno. Serata fotocopia? Nemmeno per sogno: il Surfer Joe è un locale della madonna e nonostante si cominci a suonare molto più tardi i Beach Slang sembrano voler alzare ancora il tiro regalando un concerto ancora più punk rock di quanto pensavamo fossero capaci. Il pubblico è molto più esaltato, qualcuno anche un pelo troppo: si cade sul palco, volano microfoni e si svuotano i polmoni. NAPALM! Anche stasera cover di chiusura. Ma dato che siamo in un posto dove non ci si può prendere male si va avanti a fare festa fino a notte fonda con Licastro e Co(cks) ad animare la pista da ballo. Bilancio grasso!
Torniamo a Milano con una bella scorta di presabbenaggine e tanta voglia di replicare il prima possibile.
I hope when I die, I feel this alive
Finalmente una band con un po' di personalità. Peccato solo che i pezzi su disco suonino tutti UGUALI. Così come i testi. Sembra di sentire sempre la stessa canzone, solo con qualche leggera modifica. Un'occasione sprecata.
RispondiEliminaDovresti sentirli dal vivo ;)
RispondiEliminaInfatti li aspettavo a Milano City ma si sono fermati in centro Italia. Prossima volta.
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