Avevo visto Frank Turner due volte finora, ma mai come headliner (Rock in IdRho 2012 e Dropkick Murphys 2013), quindi a ‘sto giro non mi lascio scappare l’occasione di vederlo al Magnolia. Il posto è carino, immerso nel verde degli alberi che sorgono lungo le rive dell’Idroscalo. Appeno entro noto subito due cose: gli artisti si esibiranno sul palco piccolo (molto piccolo) e questo un po’ mi sorprende sia perché pensavo che Turner avesse un seguito ben maggiore, a quanto mi era sembrato di capire dai concerti precedenti (e anche se non vuol dire un cazzo… per uno che ha suonato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi) sia perché nel suo genere folk-punk, punk è più l’attitudine mentre le sonorità vanno dal folk appunto a qualche forma di rock alternativo; la diretta conseguenza è che la seconda “sorpresa” è che questo sarà per me il live in assoluto con più ragazze(ine) presenti e sinceramente non sono molto contento, dato che associo le tipe urlanti sotto il palco a ben altro genere di concerti. Sono pronto a prendermi gli insulti per quello che ho detto...
Comunque… la puntualità d’inizio delle esibizioni è veramente impressionante e alle 20.45, quando il cielo è ancora ben lungi dall’essere scuro, sale sul palco Andrea Rock che suona la chitarra acustica in alcuni pezzi tratti dal suo ultimo disco dedicato all’Irlanda, accompagnato da violino, cajòn e -per le ultime due canzoni- da un banjo il cui proprietario rimane poi sul palco in quanto membro a tutti gli effetti del secondo gruppo di apertura, gli Uncle Bard & the Dirty Bastards; anche loro li avevo visti insieme a Frank Turner come opener dei Dropkick: sono bustocchi, fanno irish punk e cominciano a scaldare un po’ il pubblico. Alle 22.30 puntuali compare Frank preceduto dalla sua band… il concerto è veramente bello: in un’ora e quaranta minuti riescono a suonare tantissimi pezzi e Frank parla veramente tanto, anche in italiano: fa molti discorsi, battute, gag e personalmente sono soddisfatto del mio livello attuale di comprensione dell’inglese madrelingua. Alcuni non apprezzano e preferirebbero sentir suonare… non li biasimo ma non li appoggio nemmeno, o meglio… è una delle questioni tipiche dei concerti: c’è chi critica chi parla troppo e chi critica quelli che non degnano il pubblico neanche di un saluto, io sinceramente non sto né da una né dall’altra parte: se chi sta sul palco ha voglia di parlare ascolto volentieri, altrimenti va più che bene anche se preferisce “limitarsi” a suonare.
Durante l’intero set non abbandonerà mai il palco e per qualche canzone sarà lasciato solo dal resto della band; qui canta uno dei suoi pezzi (“Eulogy”) in italiano non prima di aver detto che è stato tradotto da un suo amico romano, aspettando una risposta da parte del pubblico che però resta in silenzio… l’amico in questione è Nando Senzabenza; ammetto che anch’io non ho colto al volo il riferimento, sapevo che Nando fosse un estimatore dell’inglese ma non sapevo ci fosse un qualche genere di rapporto tra i due così, quando dalla mia sinistra un “grande Nando…” ha rotto il breve imbarazzo che si era creato, ho ricostruito il tutto. Frank suona tutti i pezzi che devono essere suonati e tutti i miei preferiti… purtroppo non conosco la discografia completa e questo un po’ mi è dispiaciuto perché cantare dal vivo le canzoni di un artista con un songwriting veramente pazzesco come il suo è una goduria… Nonostante le tante ragazzine presenti il pubblico è decisamente gasato: poghi, salti, balli, crowd surfing e stage diving del cantante… durante il bridge di “Photosynthesis” (mi pare) ci fa sedere tutti per terra dicendoci di scattare in piedi a ballare all’attacco dell’ultimo ritornello… l’effetto è molto bello è divertente. Tesse più volte le lodi del pubblico e vista la serata il commento ci potrebbe anche stare, però oramai ho sempre il sospetto che sia una frase fatta che gli artisti (va beh, magari non tutti) ripetono in serie ad ogni concerto (come testimoniato anche da Keith Richards), anche se comunque Frank non mi pare il tipo per una cosa del genere. Live a mio parere meraviglioso, torno a casa veramente felice e soddisfatto.
A concerto terminato l’ATM fa venire i brividi a una dozzina di noi, dichiarando terminato il servizio quando in realtà c’erano ancora un paio di autobus diretti verso il centro. Da Linate a Milano senza mezzi di locomozione… sono cazzi.
Matt Pesce
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