lunedì 31 ottobre 2016

Bad City - Welcome To The Wasteland

Atlantic Records - 2010

Sei anni: uno strano lasso temporale, sufficientemente lungo per appartenere a un passato quantomeno prossimo ma non abbastanza da scatenare quella distorsione nostalgica che tutto uniforma  in positivo. Era il 2010, al governo c'era ancora Silvio e l'esplosione di una piattaforma petrolifera aveva appena inondato di nero il Golfo del Messico. In territorio musicale, le classifiche commerciali erano come al solito desolanti con Katy Perry e Lady Gaga a infestare radio e televisioni, ma per mia fortuna già da tempo avevo trovato rifugio in lidi sonori più nascosti ma ben più soddisfacenti. Nonostante l'attenzione e la passione dedicate, era inevitabile che qualche album sfuggisse però al mio radar ed è stato il caso di "Welcome To The Wasteland", unica e ottima uscita degli americani Bad City, dietro a cui si nascondono un'occasione mancata e una triste vicenda. Ma andiamo con ordine.

Nati nel 2003 in college come Powerspace, i ragazzi di Chicago avevano fatto la loro gavetta fino ad agguantare un contratto discografico sei anni dopo, solo per essere abbandonati dal cantante. Reclutato come rimpiazzo alla voce l'efebico e talentuoso Josh Caddy, avevano cambiato nome e inciso il disco, sfornando un grande disco di powerpop galvanizzato da influssi hard e glam rock  e aggiornato con citazioni alternative in una sapiente miscela. Sfoggiando una matura capacità compositiva e di arrangiamento, il gruppo proponeva dieci brani tra riff e melodia, assoli dal sapore metallico e avvolgenti cori polifonici, cesellati dalla voce brillante e calda. Il singolo killer Take Me For A Ride offre un perfetto esempio del risultato, energico e orecchiabile allo stesso tempo con un ritornello che si appiccica in testa a tempo zero. Il disco offriva senza perdere coesione momenti hard come Look Out, episodi più giocosi come Do You Believe In Rock N' Roll?, omaggio sonoro ai Queen più scanzonati, e la travolgente cavalcata di Touch, altro momento alto. Persino la zuccherina ballad  Fire In the Pouring Rain, risultava gradevole, stemperata da un tocco di psichedelia. In chiusura riuscivano con successo ad avventurarsi persino in territori indie con Straight To The Grave.

Il disco riuscì a ottenere un riscontro entusiasta di critica e pubblico e la canzone Call Paul Stanley li fece conoscere al frontman dei KISS, che li elogiò e li volle in apertura di diversi concerti. Ma purtroppo proprio a un passo dal successo e della consacrazione, il sogno svanì per colpa di Josh, che rovinò a sua vita e quella di tanti altri nel modo più stronzo e squallido possibile: commettendo uno stupro, per il quale fu arrestato e condannato, reo confesso, a sette anni di prigione. Nonostante gli sfortunati compagni  avessero rotto ogni contatto con lui, richiamando dietro al microfono il loro vecchio cantante dei Powerspace, l'incantesimo si era spezzato e la fine arrivò inevitabile con un ultimo concerto a dicembre. Il gruppo si sciolse e oggi i suoi componenti hanno continuato con altri progetti, senza mai più sfiorare il risultato o il successo dei Bad City. 
Un triste e brutto finale davvero per una storia che avrebbe potuto essere grandiosa. A voler vedere il lato positivo resta quello che, al di là del bene e del male che lo circonda, è un grande disco. Lo potete ascoltare qui.

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