Major Emme finalmente torna a scrivere per noi e lo fa parlando di una band che non conoscevo e che mi incuriosisce alquanto...nel bene e nel male....ma a rileggere queste righe scritte di getto quasi quasi dico che sono curioso.
Grazie Emme.....quando vuoi arruolarti fai un fischio che chiamo il Sergente Istruttore!
Grazie Emme.....quando vuoi arruolarti fai un fischio che chiamo il Sergente Istruttore!
Verrebbe da dire che ci vuole a fare questo 2.0? Il gruppo l'ho visto due volte e dal vivo è così spettacolare che di cose da raccontare ne avrei parecchie.
Allora, partiamo dall'inizio: il gruppo in questione sono i Daikaiju, surf folle dall'Alabama. E no, non ci siamo, perché non posso proprio dire di aver assistito ad un concerto surf, anzi due.
Allora ricominciamo: c'è questo gruppo che venerdì 17 suona al 30 Formiche, sono in tour con i Terrorist Bengala Party, a mio avviso il meglio gruppo in circolazione – o uno dei migliori, facciamo i diplomatici dai. Importante: quando qui scrivo “surf” intendo roba marcia strumentale fuori di testa, non i Beach Boys. Insomma, il genere più fico dell'universo, non le frociate in falsetto.
Insomma i TBP fanno surf, adesso hanno anche il theremin e fanno sballare davvero amici; io vado a vederli ogni volta che suonano ma stavolta me li perdo, arrivo giusto in tempo per veder salire sul palco questi quattro tipi con le maschere giapponesi che già dalla prima nota ci colpiscono dritti in faccia. Non so cosa sta accadendo, braccia e gambe partono da sole e man mano mi accorgo che nessuno intorno a me riesce più a contenersi. Ragazzi, questi ci hanno fatto una stregoneria.
I Daikaiju suonano un surf molto, molto, molto sporco; sono dei punk che però sanno suonare e che hanno sentito un bel po' di roba vecchia che sa di riti voodoo, sabbia e onde scure, forse avrei dovuto chiedergli se hanno mai letto Lansdale ma secondo me sì. Sapete di cosa sto parlando, dai.
Tutte questo componenti sono mischiate insieme in un gigantesco mostro (ehi, lo sapevate che “daikaiju” è il termine che indica i mostri giganteschi tipo Godzilla?) di cui ormai siamo le vittime ed i più fedeli seguaci, a cui rendiamo omaggio muovendoci senza controllo e senza smettere mai di sorridere.
No, non ero sbronza. O meglio sì, al 30 Formiche forse un po' sì. Ma non lo ero certo qualche giorno dopo, il 21 ottobre, quando i Daikaiju, tornati a Roma dopo due date a Livorno e a Lucca, hanno riproposto lo stesso incendiario show in un'improvvisazione dell'ultimo minuto al Forte Fanfulla. Il posto è più grande, è martedì, c'è meno gente, meno pubblicità, sono l'unico gruppo della serata...eppure la magia si ripete. Di nuovo questo serpentone ci stringe tra le sue spire, prende fuoco, ci sibila nelle orecchie con la sua lingua biforcuta. Mentre noi pochi che c'eravamo anche il venerdì precedente abbiamo dichiarato il nostro amore eterno al mostro dell'Alabama e ci lecchiamo le labbra perché sappiamo cosa ci aspetta, la gente intorno sembra essere intimidita...ma dura poco. Dopo due canzoni, eccolo là, i Daikaiju hanno conquistato nuovi adepti.
Ora, tutto questo suona molto poetico e molto da articolo di xl di Repubblica, ma io non sono una giornalista freelance il cui primo concerto in un club, dopo anni di MTV day, è stato quello di Pete Doherty (con o senza Babyshambles) e su xl ci piscio sopra. Qua stiamo parlando di quattro tizi con gli strumenti, no del grande rituale del serpente warburghiano; insomma, a parte la poetica, che mi resta di questa esperienza, a parte qualche livido? Cosa ho da dire al riguardo?
Dopo dieci anni passati a suonare la chitarra perché altrimenti non avrei saputo dove mettere le mani o cosa fare mentre non cantavo, a intestardirmi che si doveva suonare a gambe larghe e a testa bassa senza mai dire niente a nessuno, come fossimo in sala prove, ho finalmente scavalcato la linea invisibile che c'è davanti all'asta del microfono e ho iniziato a recitare anche io la mia parte e ad indossare la mia maschera durante i live, a scendere dal palco, a cantare con la gente, a fare il cazzo che mi pare che tanto chi vi conosce a voi, cosa volete? Basta con la timidezza, con il tirarsela, con la strafottenza; sul palco sono un simulacro, e più mi dissocio dalla mia persona reale, più il pubblico si avvicina, e piano piano inizia a credere in quello che fai.
Certo, di strada da fare ne ho parecchia, specie se penso ai Daikaiju. Ti mettono in mano la chitarra e ti fissano dalle loro maschere inespressive: vogliono che suoni, e tu non hai mai suonato prima ma suoni, lo fai. Oppure ti fanno un cenno che sta a dire “tu, tienimi in alto quest'asta del crash” e a te pare normalissimo che il batterista si faccia sollevare dalla gente e suoni due o tre pezzi a due metri da terra, certo che te lo tengo bello in alto il timpano, ma scherziamo. E loro non parlano mai, non dicono mai niente. Ti guardano e non ti guardano dalle fessurine che hanno sulle maschere, ti toccano, ti accennano, e tu inebetito sei lì e dici certo, la faccio questa cosa, perché questo è il tuo show, la tua performance, il tuo rituale ed io voglio che riesca, perché ne uscirò in qualche modo cambiato, migliore.
Ecco, allora, quando ci lamentiamo del pubblico di merda che ai concerti sta fermo e sorseggia la Nastro sgasata pagata 5 euro e spillata pure male, pensiamo a cosa facciamo noi che siamo dall'altra parte; il più delle volte facciamo lo stesso: stiamo fermi, a sorseggiare birra in lattina scadente e soprattutto calda, a farci le seghe su quanto spacca il pezzo che abbiamo scritto. Poi magari ci avviciniamo al microfono e tiriamo fuori la solita banalità dei due passi avanti, che noi non vi mordiamo mica. E se invece provassimo a scendere giù dal palco e andarli a mordere per davvero? (metaforicamente parlando, ma anche letteralmente, se vi piace)
Quando ho scritto il report della reunion dei Majors, ho detto che il pubblico deve fare la sua parte, durante un concerto. Ora mi domando, ma io sto facendo la mia fino in fondo?
I Daikaiju suonano insieme dal 2000; il più giovane ha 34 anni, il più vecchio, che sembra un Warrior, 41. Fanno qualcosa tipo 200/250 concerti l'anno e mettono continuamente a punto i loro show per coinvolgere il pubblico al massimo. Insomma, di tempo ce ne ho una cifra.
ps. fermo restando che i fichetti e le fichette col cocktail da 7 euro annacquato in mano venuti al concerto solo per sfoggiare il nuovo chiodo di pelle di seconda mano e il rossetto rosso sono il male assoluto e andrebbero sacrificati al grande Daikaiju degli Inferi.
Allora, partiamo dall'inizio: il gruppo in questione sono i Daikaiju, surf folle dall'Alabama. E no, non ci siamo, perché non posso proprio dire di aver assistito ad un concerto surf, anzi due.
Allora ricominciamo: c'è questo gruppo che venerdì 17 suona al 30 Formiche, sono in tour con i Terrorist Bengala Party, a mio avviso il meglio gruppo in circolazione – o uno dei migliori, facciamo i diplomatici dai. Importante: quando qui scrivo “surf” intendo roba marcia strumentale fuori di testa, non i Beach Boys. Insomma, il genere più fico dell'universo, non le frociate in falsetto.
Insomma i TBP fanno surf, adesso hanno anche il theremin e fanno sballare davvero amici; io vado a vederli ogni volta che suonano ma stavolta me li perdo, arrivo giusto in tempo per veder salire sul palco questi quattro tipi con le maschere giapponesi che già dalla prima nota ci colpiscono dritti in faccia. Non so cosa sta accadendo, braccia e gambe partono da sole e man mano mi accorgo che nessuno intorno a me riesce più a contenersi. Ragazzi, questi ci hanno fatto una stregoneria.
I Daikaiju suonano un surf molto, molto, molto sporco; sono dei punk che però sanno suonare e che hanno sentito un bel po' di roba vecchia che sa di riti voodoo, sabbia e onde scure, forse avrei dovuto chiedergli se hanno mai letto Lansdale ma secondo me sì. Sapete di cosa sto parlando, dai.
Tutte questo componenti sono mischiate insieme in un gigantesco mostro (ehi, lo sapevate che “daikaiju” è il termine che indica i mostri giganteschi tipo Godzilla?) di cui ormai siamo le vittime ed i più fedeli seguaci, a cui rendiamo omaggio muovendoci senza controllo e senza smettere mai di sorridere.
No, non ero sbronza. O meglio sì, al 30 Formiche forse un po' sì. Ma non lo ero certo qualche giorno dopo, il 21 ottobre, quando i Daikaiju, tornati a Roma dopo due date a Livorno e a Lucca, hanno riproposto lo stesso incendiario show in un'improvvisazione dell'ultimo minuto al Forte Fanfulla. Il posto è più grande, è martedì, c'è meno gente, meno pubblicità, sono l'unico gruppo della serata...eppure la magia si ripete. Di nuovo questo serpentone ci stringe tra le sue spire, prende fuoco, ci sibila nelle orecchie con la sua lingua biforcuta. Mentre noi pochi che c'eravamo anche il venerdì precedente abbiamo dichiarato il nostro amore eterno al mostro dell'Alabama e ci lecchiamo le labbra perché sappiamo cosa ci aspetta, la gente intorno sembra essere intimidita...ma dura poco. Dopo due canzoni, eccolo là, i Daikaiju hanno conquistato nuovi adepti.
Ora, tutto questo suona molto poetico e molto da articolo di xl di Repubblica, ma io non sono una giornalista freelance il cui primo concerto in un club, dopo anni di MTV day, è stato quello di Pete Doherty (con o senza Babyshambles) e su xl ci piscio sopra. Qua stiamo parlando di quattro tizi con gli strumenti, no del grande rituale del serpente warburghiano; insomma, a parte la poetica, che mi resta di questa esperienza, a parte qualche livido? Cosa ho da dire al riguardo?
Dopo dieci anni passati a suonare la chitarra perché altrimenti non avrei saputo dove mettere le mani o cosa fare mentre non cantavo, a intestardirmi che si doveva suonare a gambe larghe e a testa bassa senza mai dire niente a nessuno, come fossimo in sala prove, ho finalmente scavalcato la linea invisibile che c'è davanti all'asta del microfono e ho iniziato a recitare anche io la mia parte e ad indossare la mia maschera durante i live, a scendere dal palco, a cantare con la gente, a fare il cazzo che mi pare che tanto chi vi conosce a voi, cosa volete? Basta con la timidezza, con il tirarsela, con la strafottenza; sul palco sono un simulacro, e più mi dissocio dalla mia persona reale, più il pubblico si avvicina, e piano piano inizia a credere in quello che fai.
Certo, di strada da fare ne ho parecchia, specie se penso ai Daikaiju. Ti mettono in mano la chitarra e ti fissano dalle loro maschere inespressive: vogliono che suoni, e tu non hai mai suonato prima ma suoni, lo fai. Oppure ti fanno un cenno che sta a dire “tu, tienimi in alto quest'asta del crash” e a te pare normalissimo che il batterista si faccia sollevare dalla gente e suoni due o tre pezzi a due metri da terra, certo che te lo tengo bello in alto il timpano, ma scherziamo. E loro non parlano mai, non dicono mai niente. Ti guardano e non ti guardano dalle fessurine che hanno sulle maschere, ti toccano, ti accennano, e tu inebetito sei lì e dici certo, la faccio questa cosa, perché questo è il tuo show, la tua performance, il tuo rituale ed io voglio che riesca, perché ne uscirò in qualche modo cambiato, migliore.
Ecco, allora, quando ci lamentiamo del pubblico di merda che ai concerti sta fermo e sorseggia la Nastro sgasata pagata 5 euro e spillata pure male, pensiamo a cosa facciamo noi che siamo dall'altra parte; il più delle volte facciamo lo stesso: stiamo fermi, a sorseggiare birra in lattina scadente e soprattutto calda, a farci le seghe su quanto spacca il pezzo che abbiamo scritto. Poi magari ci avviciniamo al microfono e tiriamo fuori la solita banalità dei due passi avanti, che noi non vi mordiamo mica. E se invece provassimo a scendere giù dal palco e andarli a mordere per davvero? (metaforicamente parlando, ma anche letteralmente, se vi piace)
Quando ho scritto il report della reunion dei Majors, ho detto che il pubblico deve fare la sua parte, durante un concerto. Ora mi domando, ma io sto facendo la mia fino in fondo?
I Daikaiju suonano insieme dal 2000; il più giovane ha 34 anni, il più vecchio, che sembra un Warrior, 41. Fanno qualcosa tipo 200/250 concerti l'anno e mettono continuamente a punto i loro show per coinvolgere il pubblico al massimo. Insomma, di tempo ce ne ho una cifra.
ps. fermo restando che i fichetti e le fichette col cocktail da 7 euro annacquato in mano venuti al concerto solo per sfoggiare il nuovo chiodo di pelle di seconda mano e il rossetto rosso sono il male assoluto e andrebbero sacrificati al grande Daikaiju degli Inferi.
Ci vorrebbero più donne in caserma.
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