I want to learn to play the banjo, and fuck the mosrite |
Venerdì sera, mentre assistevo a un concerto di un noto gruppo della Capitale, qualcuno mi ha detto più o meno così: “basta, non ne possiamo più di sti gruppi romani”. Inutile dire che ho annuito solennemente. Ed è proprio con questo aneddoto che inizio a parlarvi di “We’ll be OK” il nuovo lavoro dei Twister.
Non prendiamoci in giro, è inutile nascondervi che questa è la band del nostro Numidio, uomo d’azione della sezione distaccata dei Pretoriani di Ignazio Marino, così come è inutile nascondervi che questa è una questione interna alla Caserma, di quelle che finiscono con una rissa la notte di Natale, qualche branda rovesciata, una sospensione, un paio di licenze revocate e poi tutto come prima.
Dopo aver stabilito un breve contatto radio con i ragazzi segno sul mio taccuino un paio di cose per me decisamente importanti:
- Terzo disco della band.
- Vinile 12” colorato, prodotto da Let's Goat Records, One Chord Wonder, Lonely Raven Records, distribuito da Monster Zero Records, registrato missato e masterizzato al New Mood Recording Studio. BUM!
- In un pezzo ci canta Major M.
- La band si è formata a Camogli (GE) con tanto di contratto scritto e sottoscritto dalle parti.
- Le dimensioni del pene di Marco sono in grado di raddoppiare dallo stato di quiescenza a quello di erezione.
- A Roma se non fai hardcore non sarai mai veramente accettato (anche a Napoli ndr)
Io sarei tentato di non aggiungere più nulla su questo disco, sia perché le mie origini territoriali mi impongono di lavorare poco, sia perché siete obbligati ad ascoltarlo comprandolo senza fiatare. Non avete sicuramente la voglia, e sopratutto la competenza, per intavolare un discorso sul suono delle chitarre, il songwriting, la struttura dei pezzi...puah. Che i Twister vi piacciano oppure no, la cosa più importante rimane che oggi difficilmente troverete tanta onestà in un disco. Ammettiamolo, viviamo in tempi bui in cui conta solo avere una bella “leather jacket” e parlare a ripetizione di una nota band del Queens per essere riconosciuti come i cervi più dotati. Io dico basta e oggi decido che ai rauchi “one two three four” di quel noto bassista (quello che poi ha fatto un bel disco rap) preferisco la voce di Calamaro. E anche se vivo in una città diversa (nonché migliore) e non ho mai fatto niente di tutto questo, io ricordo ancora con commossa nostalgia le giornate spensierate sullo skate a Cinecittà, i tramonti estivi con le ascelle arroganti a bere Peroni sul cavalcavia della Casilina e poi tutti a mangiare kebab dopo quel concerto dei Bottlerocket in quel locale del centro. Come faccio a ricordare perfettamente la sensazione di qualcosa che non ho mai fatto? “We’ll be OK” il nuovo lavoro dei Twister.
Nove pezzi, copertina da sturbo, punk rock de ‘na vorta. “Don’t touch me” è epica. Unica pecca: non si possono fare dischi così felici nel 2016.
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